La Cardiologia italiana (ANMCO e SIC) unita sull’impiego delle molecole dapagliflozin ed empagliflozin a seguito di disfunzione ventricolare sinistra di nuova insorgenza dopo infarto miocardico acuto (IMA)
Al Direttore Tecnico Scientifico dell’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA
Dottor Pierluigi Russo Roma
Al Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA
Prof. Robert Giovanni Nisticò Roma
Pregiatissimi,
nell’ottica di crescente sinergia e collaborazione istituzionale che connota i recenti rapporti tra Società Italiana di Cardiologia, Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri ed Agenzia Italiana del Farmaco, poniamo alla Vostra attenzione le considerazioni di seguito riportate sull’impiego delle molecole dapagliflozin ed empagliflozin a seguito di disfunzione ventricolare sinistra di nuova insorgenza dopo infarto miocardico acuto (IMA).
Come noto, dagli studi registrativi, il beneficio clinico delle due molecole, in termini di riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e di riduzione della mortalità cardiovascolare, è stato osservato molto precocemente (<180 giorni), indipendentemente dalla frazione di eiezione. Grazie alla solerte attività della Agenzia, questi farmaci sono oggi disponibili, con piano terapeutico, per i pazienti affetti da scompenso cardiaco a funzione ventricolare sinistra ridotta o preservata, con e senza diabete mellito di tipo 2.
Tra i criteri di accesso alla terapia è attualmente previsto quello della distanza di almeno 12 settimane da un evento coronarico acuto. Tale criterio riflette la mancanza di dati disponibili in tale contesto clinico al momento della valutazione regolatoria.
Tuttavia, dalla pubblicazione del piano terapeutico in GU ad oggi, si sono rese disponibili importanti evidenze nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra secondaria ad IMA che a nostro giudizio meritano di essere considerate per la possibile rimozione del suddetto criterio, consentendo una rapida ottimizzazione della terapia, secondo le raccomandazioni di classe IA delle linee guida, anche per i pazienti affetti da questa temibile complicanza dell’infarto miocardico.
In particolare, gli studi Dapa-MI (1) ed Empact-MI (2) hanno concordemente dimostrato la assoluta sicurezza ed assenza di reazioni avverse serie in eccesso rispetto al placebo in pazienti con IMA NON diabetici trattati con dapagliflozin (distanza media da IMA ad inizio terapia: 3 giorni) o IMA con o senza diabete mellito trattati con empagliflozin (distanza media da IMA ad inizio terapia: 5 giorni) (vedi tabelle). Lo studio Dapa-MI ha riportato un beneficio del dapagliflozin in termini di degli end point cardio-metabolici, mentre nello studio Empact-MI si è osservata una riduzione del 23% delle prime ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (una delle due componenti dell’end point primario), pur non raggiungendosi la significatività dell’end point composito primario inclusivo della mortalità per tutte le cause. In aggiunta, lo studio EMMY ha dimostrato un favorevole effetto sul rimodellamento ventricolare sinistro in pazienti con IMA trattati con empagliflozin, consistente con le evidenze riportate negli studi Empact-MI e Dapa-MI.
Si tratta dunque a nostro giudizio di solidi e convergenti evidenze sulla sicurezza di impiego delle glifozine che giustificano la richiesta di rimozione dal piano terapeutico del criterio delle 12 settimane di distanza da evento coronarico acuto, al fine di ottimizzare rapidamente la terapia dello scompenso, così come raccomandato dalle linee guida ESC, in un contesto clinico di per sé gravato da un profilo di rischio molto elevato sul quale la disfunzione ventricolare sinistra impatta sfavorevolmente.
Confidenti anche in questo caso in una proficua collaborazione, ringraziamo per l’attenzione e restiamo disponibili per ogni ulteriore scambio di attività.